La permanenza in casa della presunta colf non è sufficiente
a provare l'esistenza di un rapporto di lavoro domestico. E' il
principio stabilito dalla Sezione Lavoro, della Corte di Cassazione
Civile, con la sentenza 1 ottobre 2013, n. 22399.
Il caso trattato dalla Suprema Corte riguarda la domanda di una colf relativa a ulteriori differenze retributive, indennità per ferie non godute e preavviso, in relazione appunto a rapporto di lavoro domestico. Nel giudizio di merito si sono considerate le prove testimoniali assunte affermando che la comprovata permanenza della lavoratrice presso il domicilio dei datori di lavoro non è sufficiente ad affermare
anche lo svolgimento di attività lavorativa per tutto il suddetto
tempo di permanenza. Riguardo alle indennità di ferie la Corte
d'appello ha ritenuto le medesime incluse nel calcolo del CTU in
considerazione dell'orario di lavoro osservato mentre riguardo al
preavviso è stata considerata la rescindibilità ad nutum del rapporto
di lavoro domestico. Con il ricorso la colf deduce che il giudice di
appello avrebbe omesso di valutare o avrebbe valutato in modo non
sufficiente le risultanze istruttorie sulla quale si fonderebbe la
pretesa delle differenze retributive. Deduce inoltre il mancato
riconoscimento dell'indennità di preavviso in
considerazione della rescindibilità ad nutum del rapporto di lavoro
domestico mentre dalla sentenza impugnata risulta che la relativa
indennità è stata riconosciuta sia pure nei limiti della base di
calcolo indicata dal CTU.
Per il testo della Sentenza della Corte di Cassazione in PDF
http://www.lavorofisco.it/docs/Cassazione-sentenza-22399-2013-rapporto-di-lavoro-colf.pdf